Lettera aperta al Professor Carlo Rovelli
Gentile prof. Rovelli,
ho letto con attenzione e interesse l’articolo “Universo, un disegno poco intelligente: la scienza non può dimostrare l’esistenza di Dio” pubblicato sul Corriere della Sera del 21 marzo u.s. di cui lei è autore insieme al prof. Giuseppe Tanzella-Nitti. Sono un docente di fisica ma non ho né la sua preparazione né la sua statura accademica. Questo però non mi impedisce di fare alcune osservazioni sul merito delle questioni da lei sollevate. Ne tratterò solo due.
Quando lei lascia intendere che lo scopo dell’Intelligent Design (ID) sia quello di dimostrare l’esistenza di Dio attraverso i risultati della scienza e della cosmologia in particolare, mi sorprende. Mi chiedo e le chiedo se lei abbia mai letto anche un solo rigo di una pubblicazione dell’ID.
Se lo avesse fatto avrebbe compreso che l’ID, di cui sono un convinto sostenitore, non si occupa di teologia, in quanto limita il suo campo di indagine all’ambito esclusivamente scientifico. Prova ne è il fatto che alcuni autorevoli sostenitori dell’ID non sono credenti. Ciò che forse le sfugge è la circostanza che non bisogna necessariamente credere in Dio per sostenere che la migliore spiegazione dei fenomeni naturali è la presenza di un disegno intelligente. La migliore spiegazione non significa l’unica spiegazione, ma una spiegazione che abbia pari dignità scientifica di altre ipotesi.
La sua risposta al perché degli strani numeri delle costanti cosmologiche è «non sappiamo… Forse domani la scienza…»: come vede anche lei ha fede in qualcosa, quindi per favore non liquidi come “sciocchezze” le argomentazioni di chi non la pensa come lei.
Il clamoroso equivoco in cui lei e il suo autorevole coautore siete caduti è quello di attribuire all’ID la pretesa di dimostrare l’esistenza di Dio attraverso la scienza.
Se mi permette, è una vera banalità: per secoli teologi, filosofi, scienziati si sono cimentati in quest’impresa per arrivare alla conclusione che l’esistenza di Dio non si può dimostrare. Ne siamo consapevoli sicuramente quanto voi. È però singolare che un autorevole scienziato come lei e un autorevole filosofo abbiano omesso di dire che non esistono prove con le quali si possa dimostrare il contrario e cioè che Dio non esiste. Se ci fossero queste prove, nel mondo non ci sarebbero credenti e l’umanità potrebbe essere divisa in stupidi (coloro che continuano a credere nonostante le prove scientifiche del contrario) e intelligenti.
Detto questo vengo al secondo punto. Lei scrive testualmente: «C’è qualche scienziato che dà credito a simili argomenti , ma rispetto alle decine di migliaia di scienziati nel mondo si tratta di sparute eccezioni…». Sembra di capire da quanto afferma che nella scienza la verità è quella professata dalla maggioranza. Ma da quando nella scienza vige il principio della democrazia? Secondo lei una verità scientifica è tale solo perché è affermata dalla maggioranza? Potrei citarle, ma è solo un esempio tra le decine che potrei fare, il caso di Ludwig Boltzmann (1844 – 1906) il padre della termodinamica statistica. Le sue teorie furono molto contestate dalla maggioranza degli scienziati del suo tempo. Solo dopo il suo suicidio la comunità scientifica comprese che lo scienziato austriaco aveva ragione. Coniugando al contrario il concetto, sarebbe come dire che oggi i terrapiattisti hanno torto solo perché sono una sparuta minoranza.
Concludo questa lettera segnalandole un saggio recentemente pubblicato in lingua italiana “Dio, la scienza, le prove” (Edizioni Sonda) scritto dagli accademici Michel-Yves Bolloré (ingegnere informatico) e Olivier Bonnassies (Teologo). In particolare le segnalo la prefazione firmata dal prof. Robert Wilson premio Nobel per la fisica nel 1978.
Le giro la domanda: ma come fa un premio Nobel per la fisica a dar seguito a certe sciocchezze?
Distinti saluti,
Ferdinando Catalano
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Immagine: Vittorio Ricci
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